Questa è la storia di un paese povero, chiuso e conservatore, che nel giro di pochi decenni ha saputo trasformarsi nel suo opposto.
Quando è nata la giornalista e scrittrice Caelainn Hogan, nel 1988, l’omosessualità e l’aborto erano illegali, il divorzio proibito e la pillola contraccettiva accessibile solo su ricetta medica a coppie sposate. Trent’anni dopo, in un referendum nel 2018, l’emendamento della costituzione che di fatto vietava l’aborto è stato abrogato da una larga maggioranza, dopo che la popolazione irlandese aveva già legalizzato il matrimonio gay – primo paese al mondo a farlo per via referendaria. Per questo numero di The Passenger, Hogan ha incontrato la romanziera Catherine Dunne e insieme – due donne di generazioni diverse – hanno cercato di capire cos’è cambiato in una società che, davanti all’evidenza delle ingiustizie e umiliazioni subite quotidianamente dalle donne irlandesi, si è dimostrata più avanti dei politici che la rappresentano. Decisivo è stato un nuovo strumento di democrazia, l’assemblea di cittadini: ne scrive Ursula Barry, professoressa emerita all’Università di Dublino e membro esperto dell’assemblea più recente, sull’uguaglianza di genere.
Un ritratto più in chiaroscuro di questa trasformazione lo fa Colum McCann, la voce della diaspora irlandese in America, che sottolinea le contraddizioni del successo economico del paese, e vede nelle brutture (paesaggistiche e morali) create dalla «Tigre celtica» un antidoto alla famosa bellezza dell’isola che impediscono allo scrittore emigrato di morire di troppa nostalgia. È un tema che ritorna in un pezzo sul tradizionale cottage irlandese di Sara Baume, artista e scrittrice, rappresentante – insieme a Lisa McInerney che ci consiglia un libro, un film e un album per capire l’Irlanda contemporanea – della nuova generazione che sta rinnovando la lunga tradizione letteraria del paese. L’inglese Keiran Goddard ci offre invece la prospettiva della diaspora «emotiva», quella dei figli e nipoti degli emigranti che cercano di venire a patti con le loro origini, e lo fa attraverso le parole di una delle più belle e strazianti canzoni folk irlandesi.
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